Dove è iniziato tutto

Nel 2011 Silvana Festa si trovava a Venezia per visitare la Biennale, appuntamento imperdibile per tutte le persone che amano l’arte in ogni sua forma.

 

Quella volta le aspettava una sorpresa che avrebbe cambiato in qualche modo la sua vita. All’Arsenale, visitando i vari allestimenti, è entrata in una sala che ospitava una video-installazione.

 

Completamente al buio ha preso posto mentre sullo schermo scorrevano le immagini di una magnifica opera, “The clock” di Christian Marclay.

 

Mano a mano che la proiezione andava avanti veniva sempre più affascinata dalla visione di brevi immagini di orologi che venivano rappresentati susseguendosi di minuto in minuto coincidendo perfettamente con l’ora reale in cui si trova. Era un gigantesco congegno per misurare il tempo e una fantastica panoramica attraverso la storia dei generi cinematografici che la sfidava ad indovinare i film dai quali provenivano orologi e sveglie di ogni epoca; la meraviglia che la pervase non le permetteva di andarsene. Non sa quanto tempo sia rimasta in quella sala, ma niente sarebbe stato più come prima…

 

L’emozione di quel giorno l’ha accompagnata a lungo in seguito, portandola a riflettere sul significato del tempo e sull’uso pubblico degli strumenti che utilizziamo per misurarlo. Sul loro significato e sulla funzione che, soprattutto in tempi passati, avevano nel cadenzare la vita delle città e dei villaggi.

 

Storie di orologi e di città, dunque.

 

Ma anche memoria che imprime nella nostra mente momenti tragici o grandi imprese che vengono ricordate attraverso il giorno e spesso l’ora.

Nella sua attività lavorativa, Silvana Festa si occupa anche del senso del tempo e della storia, ricostruendo, con filmati di repertorio delle teche RAI, eventi e biografie di grandi personaggi.

 

La radice concettuale. Un’indagine sul tempo

 

Da qui la voglia di ripercorrere, attraverso orologi monumentali significativi, le dodici ore con una cadenza di cinque minuti in cinque minuti la meravigliosa storia di conquiste, di libertà e di aziende che hanno reso belle le nostre città sapendo ogni volta interpretare lo spirito del tempo. 

 

Ma l’attenzione maggiore doveva essere dedicata, per la sua prima opera, a un orologio divenuto iconico, drammaticamente fermo alle 10:25.

 

Quello della Stazione di Bologna di quel 2 agosto 1980.

 

Un’opera d’arte dovrebbe suscitare emozione e pensiero. La speranza dell’Artista è che questa opera fotografica composta riesca a ricordare un anniversario così dolorosamente importante per tutti noi, favorendo una riflessione sulla potenza del ricordo e della memoria.

 

Visitare le città diventa una caccia al tesoro, meraviglie da scoprire alzando lo sguardo dove spesso non si arriva.

 

Un modo diverso di confrontarci anche con il luogo dove viviamo, con un’attenzione al particolare che ci porta ad apprezzare molto di più il tutto.